Nel corso di un congresso tenutosi in videoconferenza, la FIFA ha ufficializzato che i Mondiali di calcio del 2030 si svolgeranno in Spagna, Portogallo e Marocco. Attesa da tempo, questa decisione si colloca in un più ampio contesto di eventi calcistici che coinvolgeranno, nei primi incontri, anche paesi del Sud America come Uruguay, Argentina e Paraguay. Tuttavia, un altro annuncio ha attirato forti critiche: la scelta dell’Arabia Saudita come nazione ospitante per i Mondiali del 2034 ha suscitato proteste da diverse associazioni che si battono per i diritti umani e per la dignità dei lavoratori.
Ammirazione per il calcio ma preoccupazioni per i diritti umani
La decisione della FIFA di affidare all’Arabia Saudita l’organizzazione della Coppa del Mondo del 2034 ha sollevato un’ondata di preoccupazione da parte di organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International. Quest’ultima ha emesso una nota che denuncia la grave precarietà delle condizioni di vita e lavoro in Arabia Saudita. Secondo la nota, l’assegnazione della rassegna sportiva a un paese con evidenti mancanze in materia di diritti civili segna un momento critico per gli standard internazionali in relazione all’organizzazione di eventi di grande portata. Le organizzazioni per i diritti umani hanno sottolineato come il governo saudita abbia approvato leggi che limitano le libertà fondamentali e hanno avvertito dei rischi di sfruttamento e violenze nei confronti dei lavoratori migranti, dei residenti e dei tifosi che parteciperanno all’evento.
Le critiche di Amnesty International sul divieto dei diritti
Amnesty International ha ribadito la necessità di un intervento urgente in seguito a questa decisione, evidenziando che la FIFA e le federazioni nazionali coinvolte non possono sostenere di non conoscere i rischi associati a un evento così grande in un paese dove le garanzie per i diritti umani sono estremamente limitate. La nota dell’organizzazione lancia un appello affinché si attuino riforme significative, affinché le ingiustizie subite da lavoratori e cittadini non vengano amplificate dall’arrivo e dalla celebrazione del torneo. Secondo Amnesty, la decisione della FIFA di procedere senza misure concrete e specifiche per garantire il rispetto dei diritti umani mostra la superficialità con cui sono state trattate le preoccupazioni delle associazioni che da tempo denunciano questa situazione.
L’appello alla responsabilità della FIFA e delle federazioni
Nei giorni successivi, il dibattito si è intensificato. Amnesty ha chiarito che la FIFA ha la responsabilità di proteggere e garantire i diritti di chiunque possa essere colpito direttamente o indirettamente dall’evento, tra cui i lavoratori migranti, i residenti, e gli attivisti. Questo è un aspetto particolarmente delicato, considerando che il paese ospitante ha una lunga storia di violazione dei diritti. La FIFA è stata esortata a non ignorare queste problematiche e a lavorare attivamente per garantire misure adeguate di protezione. Le dichiarazioni di Amnesty sembrano rispecchiare un crescente scetticismo nei confronti delle politiche di diritti umani che, secondo l’organizzazione, non hanno dimostrato di essere efficaci in contesti come quello saudita.
Critiche dalla diaspora saudita e dai lavoratori migranti
Le reazioni non sono arrivate solo da Amnesty International. Lina Alhathloul, esponente di Alqts for Human Rights, ha espresso la sua delusione per la scelta della FIFA, sottolineando come la decisione sia stata presa senza il coinvolgimento di stakeholder cruciali. Secondo lei, ci sarebbe bisogno di interventi urgenti per affrontare le violazioni dei diritti civili e dei lavoratori in Arabia Saudita. Anche la rete di lavoratori migranti, Shramik Sanjal, ha messo in evidenza le difficoltà e le problematiche che i lavoratori affrontano già oggi, chiedendo maggiore attenzione e rispetto. Bhim Shrestha, cofondatore della rete, ha evidenziato come le vite dei lavoratori migranti siano a rischio e ha esortato la FIFA a prendersi la responsabilità necessaria.
Le dinamiche attorno all’assegnazione della Coppa del Mondo del 2034 mettono in luce un conflitto tra sport e diritti umani, una tematica che continua ad attirare l’attenzione non solo degli attivisti ma anche dei tifosi e degli osservatori internazionali.