Peccatore-WADA: la partita si gioca sulla negligenza a Roma. Cosa avrebbe potuto fare SINNER più di così?

Il caso di Jannik Sinner e Iga Swiatek riaccende il dibattito sulla responsabilità nella lotta al doping, evidenziando le sfide e le posizioni della WADA nel garantire l’integrità sportiva.
Peccatore-WADA: la partita si gioca sulla negligenza a Roma. Cosa avrebbe potuto fare SINNER più di così? - (Credit: www.oasport.it)

Le recenti vicende legate a Jannik Sinner e Iga Swiatek, primi attori nel panorama mondiale del tennis, hanno riacceso l’interesse e il dibattito sul ruolo della WADA, l’Agenzia mondiale antidoping. A seguito delle positività dei due atleti, la questione della responsabilità nella lotta contro il doping emerge con grande evidenza. Questo articolo analizza le posizioni della WADA e i risvolti delle indagini in corso.

Il ruolo della WADA nella regolamentazione antidoping

La WADA ha il compito fondamentale di stabilire norme e politiche contro il doping a livello globale, assicurando un approccio armonizzato tra le diverse federazioni sportive. Secondo i principi dell’agenzia, la lotta al doping non si limita alla semplice applicazione di sanzioni, ma si estende all’educazione degli atleti e alla creazione di un ambiente sportivo sano. Queste responsabilità vengono messe in discussione nei casi di Sinner e Swiatek, i quali hanno sollevato interrogativi sull’efficacia e l’imparzialità delle procedures adottate nelle indagini antidoping.

Il caso di Sinner, in particolare, ha attirato l’attenzione per la sua complessità. La positività al Clostebol, un anabolizzante steroideo, ha portato a un contenzioso legale che coinvolge il Tribunale Arbitrale dello Sport . Nonostante l’assoluzione iniziale da parte del Tribunale indipendente dell’ITIA, la WADA ha presentato ricorso, sostenendo che la responsabilità per la contaminazione involontaria dovrebbe comunque ricadere sull’atleta, in virtù delle sue interazioni con lo staff.

Il direttore generale della WADA, Oliver Niggli, ha chiarito la posizione dell’organizzazione, rimarcando come, in merito alla contaminazione, sia fondamentale non solo considerare il caso specifico, ma anche stabilire un precedente per situazioni simili in futuro. La WADA sta cercando di garantire che gli atleti comprendano l’importanza della loro responsabilità, estendendo i controlli anche a terzi che partecipano al loro ambiente lavorativo. Questa visione della responsabilità collettiva, secondo Niggli, è essenziale per mantenere l’integrità sportiva.

La posizione controvertita su Jannik Sinner

Il caso di Jannik Sinner rappresenta una pietra miliare nelle discussioni sul doping nello sport. Inizialmente scagionato dal Tribunale indipendente, la WADA ha sostenuto che Sinner, pur essendo vittima di contaminazione, non è esente da responsabilità per gli errori del suo staff. La questione principale è se il tennista avesse o meno la possibilità di prevenire questa contaminazione.

Niggli ha spiegato che, secondo il regolamento antidoping, sebbene l’atleta possa non aver avuto colpa diretta, deve aver attuato misure ragionevoli per evitare contaminazioni. Questa linea di pensiero è tracciata dall’articolo 10.6.2 del regolamento, il quale prevede che in casi di contaminazione involontaria si possa applicare una riduzione della sanzione, ma solo fino al 50% della pena massima prevista. In questo contesto, Sinner potrebbe comunque affrontare una sanzione considerevole, nonostante le circostanze attenuanti.

L’interpretazione dell’errore o della negligenza nella gestione delle sostanze è così centrale che il Tribunale indipendente ha fatto riferimento ad un altro articolo, il 10.5, stabilendo che l’assenza di colpa giustificava l’assoluzione di Sinner. La decisione di quest’organo giuridico è stata dettata dalla necessità di riconoscere la buona fede dell’atleta nel non avere alcuna consapevolezza riguardo alla presenza di sostanze vietate.

Sport e responsabilità: un dibattito aperto

La vicenda di Jannik Sinner ha sollevato un ampio dibattito sulla responsabilità individuale in ambito sportivo. Gli sportivi, detentori di eccellenza e modelli per i giovani, sono spesso al centro di aspettative elevate; ma quanto possono davvero essere rappresentati come colpevoli nel caso di errori del proprio staff? Questo interrogativo ha traversato i confini del tennis per toccare altri sport, aprendo una riflessione più ampia sulla responsabilità condivisa.

Un aspetto significativo emerso dalla dichiarazione di Niggli è l’importanza della consapevolezza che gli atleti devono sviluppare riguardo alla propria salute e alle sostanze che possono entrare nel loro corpo, anche in maniera involontaria. È un richiamo alla vigilanza personale, ma anche un invito alle federazioni e agli staff di assistere, educare e informare i propri atleti, riducendo al minimo i rischi di contaminazione.

Mentre il mondo del tennis attende l’esito finale del caso Sinner, previsto per il 2025, rimane aperto il dibattito su quale potrà essere l’impatto di queste decisioni sull’integrità dello sport e sulla vita dei suoi protagonisti. Le speranze di molti atleti dipendono da come le istituzioni, come la WADA, continueranno a gestire queste questioni delicate.